Marco Poeta
nasce nel 1957 a Recanati, nelle Marche, cittadina che diede i natali al tenore Beniamino Gigli e al grande poeta Giacomo Leopardi.
Inizia a suonare la fisarmonica all’età di 4 anni e la chitarra a 5 (quest’ultima sarà strumento che non lascerà mai più), il tutto da totale autodidatta perché tutt’oggi non conosce e tanto meno legge l’ortografia musicale.
Trascorre l’adolescenza musicale nelle balere, interpretando con chitarra classica e voce la canzone napoletana antica, la bossa nova, autori come Bruno Martino e un po’ di Fado strumentale.
A 20 anni il suo rapporto con la bossa nova si intensifica, specializzandosi chitarristicamente nello stile di Baden Powell e vocalmente alla maniera di Joao Gilberto. A quei tempi fu un pioniere, poiché in Italia la bossa nova era un genere decisamente poco conosciuto.
La bossa nova lo porta a collaborare con importanti jazzisti italiani di fama internazionale come Ares Tavolazzi (ex Area – basso), Giulio Capiozzo (ex Area – batteria), Ellade Bandini (batteria), Antonio Marangolo (sax), Jean-Luc Henriques (batteria), Alessio Urso (ex trio Irio de Paula), Tony Esposito, Franco D’Andrea (piano) e Michael Rosen (sax).
In quegli anni non mancano collaborazioni al di fuori della bossa nova. Poeta si esibisce come chitarrista acustico con protagonisti della canzone d’autore quali Massimo Bubola, Ricky Gianco e Umberto Bindi.
Nel 1998 Marco Poeta si avvicina a un genere che ha sempre amato: il Fado.
Il Fado
Nel 1997 Marco Poeta collabora alla direzione artistica del Centro Studi Leopardiani di Recanati. In quell’occasione promuove spettacoli di musica e poesia dal titolo “Notturni Leopardiani” che si svolgono proprio nel cuore dei giardini del Colle dell’Infinito.
Lo spettacolo sullo Zibaldone e le Operette morali, ideato dallo stesso Marco, riscuote un grande successo anche di critica. Tra gli attori figura Pippo Franco.
Realizza anche uno spettacolo dedicato ai Canti leopardiani, con attore Riccardo Cucciolla. Questo nasce come omaggio al dolce sentimento della tristezza leopardiana e fa “incontrare” sul palco la tristezza della poesia brasiliana di Vinicius de Moraes, la Saudade di Fernando Pessoa e naturalmente quella leopardiana.
Per quell’occasione Marco Poeta si cimenta in un progetto originale: sale sul palco insieme al maestro Fausto Cigliano, che si cimenta in canzoni napoletane del periodo della permanenza di Leopardi a Napoli, a Sergio Endrigo, che recita le poesie dell’amico Vinicius de Moraes, e a Francesco di Giacomo, voce del Banco del Mutuo Soccorso, che canta in portoghese il mondo lusitano di Pessoa.
Nel 1998, in occasione del bicentenario della nascita di Giacomo Leopardi, Marco Poeta incide un album che raccoglie i Canti leopardiani recitati in lingua portoghese dal professor Antonio Fournier, consigliatogli dall’amico Antonio Tabucchi, con commenti musicali eseguiti con chitarra classica. In questa occasione Marco Poeta rispolvera il Fado.
Alla fine dello stesso 1998 Poeta presenta questo progetto niente di meno che a “Casa Pessoa”, a Lisbona, nel tempio della cultura poetica portoghese. Ottiene un grande successo, al punto che lo stesso assessore alla Cultura di Lisbona invita Poeta per un tour in Portogallo.
Nel 1998 si esibisce con la chitarra classica nelle città di Oporto, Lisbona e Coimbra. Durante il concerto di Lisbona al Museo del Fado di Alfama (quartiere storico di Lisbona che diede i natali al fado), Marco Poeta incontra il grande maestro della chitarra del fado: Antonio Chainho, presente tra il pubblico. Quel giorno nasce una grande stima tra i due e una sconfinata amicizia che continua anche oggi.
È il maestro Chainho a insegnare a Marco Poeta i primi rudimenti della Guitarra Portuguesa. “Come è possibile insegnare la guitarra portuguesa a Marco Poeta che non conosce la musica?” dice Antonio Chainho. Presto fatto: il maestro Chainho chiede di essere videoripreso mentre suona la guitarra portuguesa: questa registrazione di tre ore diventa il testo di studio dove Marco Poeta apprende le varie tecniche della mano destra. Marco dedica circa 10 ore al giorno per svariati anni allo studio di quel particolare quanto arduo strumento.
Il FADO
Nel 2001 incide il suo primo album di fado con la guitarra portuguesa insieme al suo trio storico: è un album prettamente acustico, come vuole la tradizione fadista. Alla voce c’era la ventenne Elisa Ridolfi. Marco Poeta coinvolge anche Francesco Di Giacomo, che omaggiava il fado in lingua portoghese, ed Eugenio Finardi, che canta Amalia Rodrigues in italiano.
Il risultato è un album straordinario. In Italia mai nessuno fino ad allora aveva pensato al fado, al punto che Renzo Arbore attribuisce la paternità del fado italiano a Marco Poeta.