VIDEOGAME: QUANDO LA PASSIONE DIVENTA LAVORO
Pochi sanno soprattutto tra i giovani che l’industria dei videogame è fiorente in Italia e sta ricercando nuove professionalità: non solo ingegneri e designer, ma anche sociologi, psicologi, esperti in scienze delle comunicazioni, artisti, storici, medici…
In base ai dati resi noti da AESVI, l'Associazione che rappresenta l'industria dei videogiochi in Italia a marzo 2019, il settore videoludico dimostra una crescita significativa (+18,9%) rispetto alla precedente rilevazione e un giro d'affari di 1,7 miliardi di euro.
Le persone che hanno giocato ai videogiochi in Italia negli ultimi 12 mesi sono 16,3 milioni, pari al 37% di tutta popolazione italiana di età compresa tra i 6 e i 64 anni. Di questi, il 54% sono uomini e il 46% donne. Le fasce di età in cui si gioca di più, sia sul fronte maschile che femminile, sono quelle comprese tra 15-34 anni e tra 45-64 anni, testimonianza concreta di come oggi i videogiochi siano un fenomeno trasversale, con un peso culturale superiore rispetto al passato.
In questo contesto, la possibilità occupazionale aumenta di pari passo con la richiesta di competenze multisettoriali, qualificate e ibride. La produzione del videogioco - nonostante il percepito comune che la collochi per intero nelle mani di ingegneri e designer - oscilla tra diversi ambiti, per alcuni versi apparentemente molto distanti tra loro: tecnologia, gioco, narrazione, simulazione, arte, storia, medicina, ecc. Sociologi, psicologi, esperti di scienze della comunicazione, semiologi, artisti, storici, medici possono utilizzare il videogioco come ambito professionale in cui applicare la propria conoscenza, ma anche come medium connettivo, strumento, artefatto, o prodotto della cultura contemporanea.